COME TI POSSIAMO AIUTARE?

Centralino
0331 476111

Se hai bisogno di maggiori informazioni contattaci telefonicamente

ANNULLARE UNA PRENOTAZIONE
0331 476210

Lasciare un messaggio in segreteria telefonica sempre attiva.

Prenotazione
0331 476210

In convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, privato e assicurato.

Centro odontoiatrico
0331 476336

Flutter atriale


Il flutter atriale è un’aritmia che insorge in una delle camere superiori del cuore (atri). Durante questa aritmia, gli atri si attivano con una elevata frequenza generando un battito cardiaco irregolare e spesso accelerato (tachicardia). Molto spesso i pazienti affetti presentano anche episodi di fibrillazione atriale.

Quali sono i sintomi del flutter atriale?

La contrazione irregolare del cuore, a volte molto rapida (tachicardia) o troppo lenta (bradicardia), può determinare un inadeguato flusso di sangue nel corpo e produrre, quindi, dei sintomi avvertiti dal paziente tra cui i principali sono:

  • palpitazioni (sensazione di battito accelerato ed irregolare)
  • debolezza o incapacità di eseguire la normale attività fisica
  • affanno
  • sensazione di “testa vuota”
  • sensazione di mancamento
  • svenimento

In alcuni soggetti i disturbi possono essere molto lievi o addirittura assenti e l’aritmia viene scoperta occasionalmente durante una visita medica eseguita per altri motivi. In presenza di sintomi, o segni suggestivi la presenza di un flutter atriale, è opportuno che il medico di medicina generale prescriva il consulto con un elettrofisiologo (un cardiologo che si occupa delle aritmie cardiache). Nei casi di maggiore gravità, invece, è necessario un rapido accesso al Pronto Soccorso.

Quali sono le cause del flutter atriale?

Nella maggior parte dei soggetti il flutter atriale si manifesta in presenza di condizioni o malattie predisponenti:

  • età
  • malattie cardiache acquisite (infarto pregresso, insufficienza cardiaca, malattia valvolare, ecc)
  • malattie cardiache congenite corrette mediante intervento cardiochirurgico
  • ipertensione arteriosa
  • malattie extracardiache (polmonari, tiroideee)

Nelle persone predisposte, per effetto delle condizioni precedentente elencate, il flutter atriale si manifesta a seguito della presenza di un “corto-circuito” elettrico localizzato più frequentemente nell’atrio destro, oppure in quello sinistro.

Quali sono le conseguenze del flutter atriale?

Durante il flutter atriale la contrazione degli atri perde vigore e questo causa un ristagno di sangue che può essere a sua volta responsabile della formazione di un coagulo all’interno della camera. Successivamente, questo coagulo (embolo) può spostarsi dal cuore e viaggiare attraverso il sangue all’interno dei vasi, fino a raggiungere il cervello, o un altro organo, interrompendone l’irrorazione e causando l’ictus (una cicatrice più o meno estesa del cervello che determina una perdita transitoria o perenne di alcune delle sue funzioni). Il rischio di avere un ictus non è uguale in tutti ed aumenta con l’età avanzata, la presenza di diabete mellito, ipertensione arteriosa, riduzione della funzione di pompa del cuore, malattia delle arterie o in coloro che hanno già presentato un’ischemia cerebrale.

Un’altra possibile conseguenza negativa del flutter atriale è rappresentata dalla riduzione, più o meno grave, della funzione di pompa del cuore (insufficienza cardiaca): avviene solitamente alle persone predisposte e soprattutto quando la frequenza di contrazione del cuore rimane elevata per lungo tempo.

Diagnosi

La diagnosi di flutter atriale viene generalmente eseguita attraverso una visita medica e la registrazione dell’elettrocardiogramma. A completamento della diagnosi potrebbero essere indicate anche ulteriori indagini quali:

Trattamenti

Il trattamento del flutter atriale ha una duplice finalità: ridurre i sintomi (mediante il ripristino del normale ritmo cardiaco o il controllo della frequenza cardiaca durante l’aritmia) e prevenire la formazione di coaguli nel cuore (mediante una terapia con farmaci anticoagulanti).

Prevenzione della formazione di coaguli

Il rischio che si formino coaguli all’interno dell’atrio che a loro volta possono staccarsi (emboli) e viaggiare all’interno dei vasi sanguigni è legato alle caratteristiche cliniche del paziente. Da queste ultime quindi dipenderà la necessità che il paziente assuma una terapia anticoagulante orale. I farmaci che vengono preferenzialmente utilizzati sono gli anticoagulanti ad azione diretta (Dabigatran, Rivaroxaban, Apixaban, Edoxaban) che si sono dimostrati estremamente efficaci nella riduzione del rischio di ictus (di circa 80%) a fronte di un contenuto rischio di emorragie e senza necessità di eseguire periodici controlli della loro azione mediante prelievi di sangue. Quando questi farmaci sono controindicati, oppure per le persone che hanno protesi valvolari meccaniche, è consigliato l’uso di un anticoagulante, il Warfarin, una sostanza anch’essa molto efficace ma che richiede un continuo monitoraggio della sua azione mediante periodici esami del sangue. Chi assume il farmaco dovrà anche prestare attenzione alle interazioni con alcuni alimenti, o altre sostanze, che ne aumentano o riducono l’effetto. Per questo motivo il trattamento deve essere eseguito sotto costante controllo medico (da parte dello specialista nella coagulazione o, in alternativa, dal medico di base o cardiologo). Nella maggior parte dei casi, se indicato, l’anticoagulante orale andrà assunto per tutta la durata della vita.

Ripristino del normale ritmo del cuore (cardioversione)

La procedura con cui si tenta di interrompere l’aritmia e ripristinare il normale ritmo del cuore (ritmo sinusale) è chiamata cardioversione. Questa può essere eseguita mediante somministrazione di farmaci antiaritmici (generalmente per via endovenosa nel corso di un ricovero o un accesso in Pronto Soccorso) o attraverso una “scarica elettrica” erogata con delle speciali piastre posizionate sul torace (nel corso di un ricovero o un accesso in Pronto Soccorso e dopo aver somministrato dei sedativi al fine di non percepire il dolore legato alla scarica). La scelta del tipo di cardioversione è definita dal medico sulla base di una serie di fattori clinici e soprattutto della durata dell’episodio aritmico. Al primo episodio di flutter atriale la cardioversione è sempre indicata: può essere ripetuta anche più volte nel tempo quando si ritiene indicato il mantenimento del normale ritmo sinusale. Se l’aritmia dura da più di 48 ore e/o il paziente non è adeguatamente anticoagulato, la cardioversione sarà preceduta da una ecocardiografia transesofagea (un esame in cui una sonda viene introdotta dalla bocca e avanzata all’interno dell’esofago) al fine di escludere la presenza di coaguli nell’atrio.

Mantenimento del ritmo sinusale nel tempo

Questa strategia è generalmente preferita per le persone più giovani e più disturbate dall’aritmia, quando il controllo della frequenza cardiaca durante la flutter atriale non è efficace o non è tollerato, in assenza di una grave malattia cardiaca oppure quando l’aritmia causa un peggioramento della funzione di pompa del cuore.

Il mantenimento del ritmo sinusale può essere tentato mediante farmaci antiaritmici somministrati per bocca o una procedura interventistica chiamata ablazione transcatetere.

I farmaci antiaritmici più comunemente usati sono la Flecainide, il Propafenone, il Sotalolo, l’Amiodarone ed il Dronedarone. Il dosaggio potrà variare, su scelta del medico, a seconda delle caratteristiche e della risposta del paziente. Talvolta è possibile associare tra loro più farmaci per aumentarne l’efficacia. I principali effetti indesiderati possono essere la nausea e la debolezza. Alcuni farmaci possono anche causare danni alla tiroide, occhi e polmone (amiodarone); il rischio di peggioramento del quadro aritmico è presente anche se molto basso. Per questi motivi, il trattamento con farmaci antiaritmici deve essere seguito sotto periodico controllo del cardiologo. L’efficacia nella prevenzione delle recidive di flutter atriale non è molto elevata.

L’ablazione transcatetere per la prevenzione delle recidive di flutter atriale ha l’obiettivo di disattivare il “corto-circuito” elettrico (in alcuni casi più di uno possono essere presenti). La procedura di ablazione viene eseguita durante breve ricovero ospedaliero, in anestesia locale e mediante speciali sonde introdotte attraverso le vene (generalmente a livello dell’inguine e del braccio). In questo modo è possibile valutare le caratteristiche elettriche del cuore e provocare, attraverso degli impulsi elettrici, l’aritmia di cui il paziente è affetto identificandone con esattezza il meccanismo responsabile. Questa fase prende il nome di “studio elettrofisiologico”.

Successivamente, si esegue il “mappaggio” con l’ausilio di sistemi di navigazione tridimensionale (apparecchiature assimilabili ai “navigatori satellitari” utilizzati con le automobili che consentono una più agevole e accurata manovra delle sonde all’interno del cuore): muovendo una delle sonde introdotte all’interno del cuore, viene ricercata e localizzata con precisione l’area responsabile dell’aritmia nell’atrio destro o sinistro. Una volta identificata, l’area viene resa inattiva attraverso la creazione di una piccola “cicatrice” provocata dal passaggio di una corrente che genera calore (radiofrequenza) trasmessa attraverso la sonda. Più raramente la “cicatrice” può essere creata attraverso il freddo (criotermia) prodotto dal passaggio di uno speciale gas all’interno della sonda. Questa fase prende il nome di ablazione transcatetere. Se necessario, durante la procedura potrebbero essere somministrati farmaci anticoagulanti o sedativi. Le complicanze sono molto rare e dipendono principalmente dalla localizzazione dell’area responsabile dell’aritmia. Le probabilità di cura sono molto elevate, soprattutto nel caso dei flutter ad origine dall’atrio destro, e superiori a quelle ottenibili con i farmaci antiaritmici. La necessità di ripetere la procedura di ablazione per insuccesso o recidiva dell’aritmia è rara nei casi di flutter atriale destro e relativamente più frequente in caso di flutter atriale sinistro.

Questa procedura è indicata in pazienti con recidive aritmiche ricorrenti e ridotta qualità della vita. Essa dovrebbe anche essere eseguita quando l’aritmia provoca una riduzione della funzione di pompa del cuore (tachicardiomiopatia).

Controllo della frequenza cardiaca durante flutter atriale

Questa strategia è generalmente preferita per le persone più anziane, con una più grave malattia cardiaca e/o con patologie di più organi, in presenza di un’aritmia di lunghissima durata e quando i trattamenti per il mantenimento del normale ritmo sinusale siano risultati completamente inefficaci o non tollerati.

La frequenza ottimale del cuore durante il flutter atriale dovrebbe oscillare tra 60 e 90 battiti al minuto a riposo e 110 e 130 battiti al minuto durante l’attività fisica. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso la somministrazione di farmaci oppure mediante un’ablazione transcatetere (piccola “bruciatura” prodotta da una speciale sonda introdotta nel cuore attraverso una vena) del nodo atrio-ventricolare (il “filo elettrico” che permette il passaggio dell’impulso elettrico dalla camera superiore del cuore – l’atrio – a quella inferiore – il ventricolo) seguita dall’impianto di un pace-maker (apparecchio che genera degli impulsi elettrici in gradi di far battere il cuore).

I farmaci utilizzati per il controllo della frequenza cardiaca sono la Digitale, il Verapamil o i beta-bloccanti (Atenololo, Metoprololo, Bisoprololo, Carvedilolo, ecc). Talvolta per ottenere una buona risposta è necessaria l’associazione di più farmaci.

L’ablazione del nodo atrio-ventricolare ed il successivo impianto di un pace-maker sono eseguiti nel caso in cui i farmaci si rivelano inefficaci, sono controindicati oppure non sono tollerati.