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Terapia resincronizzante


Che cos’è la dissincronia cardiaca?

A seguito di una importante malattia (ad esempio un infarto miocardico, una cardiomiopatia dilatativa, una malattia valvolare, ecc.) il cuore può perdere gran parte della sua efficacia contrattile (si riduce la funzione di pompa) con conseguente comparsa di sintomi da insufficienza cardiaca (stanchezza, aumento di peso per accumulo di liquidi, affanno durante sforzo o a riposo, ecc.). Sempre a causa della malattia cardiaca, possono anche comparire delle alterazioni della trasmissione dell’impulso elettrico all’interno del cuore (il cuore è dotato di un vero e proprio “impianto elettrico”) che determinano, a loro volta, una contrazione cardiaca scoordinata (dissincronia). Questa dissincronia è responsabile di un peggioramento della funzione di pompa del ventricolo sinistro con conseguente aumento dei sintomi da insufficienza cardiaca che influenza negativamente la prognosi del paziente.

Come si esegue la terapia resincronizzante?

La terapia di resincronizzazione cardiaca viene eseguita mediante una opportuna stimolazione artificiale del cuore da più sedi, al fine di rendere il più possibile coordinata la sua sequenza di attivazione e contrazione. Questo obiettivo viene raggiunto impiantando degli speciali stimolatori (resincronizzatori) in grado di inviare impulsi elettrici all’atrio e, più o meno simultaneamente, ad entrambi i ventricoli (destro e sinistro) in maniera continuativa durante tutto l’arco della giornata. Oltre a ciò, i sistemi impiantati sono molto spesso dotati anche della funzione di defibrillazione cardiaca. In altre parole, essi sono in grado di monitorare continuamente l’attività elettrica del cuore intervenendo in caso di improvvise accelerazioni legate ad un’aritmia cardiaca (tachicardia o fibrillazione) ad origine ventricolare che, se non trattata, potrebbe comportare la comparsa di gravi sintomi (ad esempio intenso malessere generale, perdita di coscienza, dolore toracico, difficoltà respiratorie) o causare un arresto cardiaco (di solito in maniera improvvisa e senza segnali di avvertimento).

Come è composto il sistema di stimolazione?

Il sistema è composto da due parti:

  1. una centrale di riconoscimento e di generazione di impulsi che rappresenta il “cervello” del sistema e che contiene i circuiti elettrici, le batterie ed il software di funzionamento (generatore)
  2. due o tre elettrocateteri (morbide sonde composte da fili elettrici), collegati al generatore e posizionati all’interno del cuore, che trasmettono gli impulsi elettrici dal generatore al cuore e viceversa. Il numero di elettrocateteri dipende dalla necessità o meno di stimolare l’atrio in aggiunta ai due ventricoli e viene scelto in base alle caratteristiche cliniche del paziente.

La stimolazione elettrica simultanea del ventricolo destro e sinistro (la vera e propria terapia resincronizzante) viene garantita per la quasi totalità dei battiti cardiaci. In alternativa alla stimolazione biventricolare, una resincronizzazione cardiaca può essere ottenuta, in casi selezionati, stimolando con un singolo elettrocatetere il sistema di conduzione del cuore nella parte alta del setto interventricolare destro (la parete che separa il ventricolo destro dal sinistro). Ovviamente, alla stregua di un normale pace-maker, il sistema garantisce sempre una frequenza cardiaca minima al di sopra di una soglia prestabilita (e programmabile) al fine di evitare rallentamenti eccessivi del battito cardiaco. Inoltre, se il sistema impiantato è dotato di funzione di defibrillazione, in presenza di una tachicardia ad alta frequenza e potenzialmente maligna, esso può intervenire con due diversi tipi di “terapia”:

  1. una stimolazione elettrica a frequenza maggiore dell’aritmia stessa (stimolazione antitachicardica)
  2. una scarica elettrica ad elevato voltaggio (defibrillazione/cardioversione).

Da chi viene impiantato il resincronizzatore?

Il resincronizzatore cardiaco viene impiantato dall’elettrofisiologo (un cardiologo che si occupa delle aritmie del cuore) durante un breve ricovero. L’apparecchio viene inserito, in anestesia locale, attraverso un piccolo taglio eseguito nella parte alta del petto. Due o tre sonde vengono introdotte attraverso una vena reperita nella stessa zona di incisione e posizionate nel cuore sotto la guida dei raggi X. In particolare, una di queste (quella che provvederà alla stimolazione del ventricolo sinistro) viene posizionata all’interno di un vaso tributario del seno coronarico (una grande vena del cuore che sbocca in atrio destro). Le complicanze sono rare e sono legate prevalentemente all’inserimento delle sonde. La dimissione avviene nella giornata successiva all’impianto.

Il corretto funzionamento del sistema impiantato verrà valutato mediante periodici controlli ambulatoriali. Nei moderni dispositivi il controllo elettronico può avvenire anche a distanza attraverso un particolare apparecchio in dotazione al paziente che trasmette quotidianamente i dati raccolti al Centro di riferimento. In prossimità della scarica delle batterie (di solito dopo molti anni dall’impianto) il generatore verrà sostituito con un modello equivalente durante un breve ricovero.