L’idrocefalo normoteso (IN) è una condizione neurologica caratterizzata da un accumulo cronico di liquido cerebrospinale (LCS) nei ventricoli cerebrali, con pressione intracranica generalmente normale. È una forma di idrocefalo cronica, più comune negli anziani, e rientra tra le cause potenzialmente trattabili di demenza.
Quali sono i principali sintomi dell’idrocefalo normoteso?
La triade classica di Hakim-Adams è fondamentale per la diagnosi clinica dell’idrocefalo normoteso e si basa su:
1. Disturbi della deambulazione: l’andatura lenta e a base allargata (la distanza tra i due piedi durante il passo è maggiore del normale), spesso descritta come “magnetica” (difficoltà a sollevare i piedi dal suolo) è il primo sintomo che si manifesta.
2. Disturbi urinari: urgenza, incontinenza urinaria o ritenzione, che derivano dalla disfunzione dei centri corticali che controllano la minzione.
3. Declino cognitivo, progressivo e simile alla demenza. Provoca rallentamento psicomotorio, deficit di memoria, difficoltà di attenzione e pianificazione.
I sintomi possono essere graduali e non sempre tutti presenti, aspetto che rende difficile una diagnosi precoce.
Quali sono le cause dell’idrocefalo normoteso?
L’idrocefalo normoteso si divide in due tipologie, ovvero idiopatico o secondario in base alle cause che lo provocano:
- Idiopatico: caratterizzato dalla dilatazione di tutti ventricoli cerebrali. La causa è sconosciuta e si verifica prevalentemente dopo i 60 anni.
- Secondario: può comparire, anche nel giro di poche ore, come conseguenza ad altri disturbi come meningiti, emorragie subaracnoidee, traumi cranici o interventi neurochirurgici. Un’ulteriore causa può essere un’alterazione del riassorbimento del liquor da parte dei villi aracnoidei (protrusioni presenti nelle meningi).
Diagnosi dell’idrocefalo normoteso
Il metodo di diagnosi può essere clinico, ovvero l’identificazione della triade classica di Hakim-Adams e la valutazione della progressione dei sintomi, oppure può basarsi su strumenti di diagnostica per immagine o test dedicati come:
- Risonanza Magnetica (RM) o Tomografia Computerizzata (TC)
- Test del drenaggio lombare (tap test): rimozione di 30-50 ml di liquor tramite puntura lombare.
- Monitoraggio della pressione intracranica: può rilevare alterazioni della dinamica del liquor, ovvero le variazioni pressorie che avvengono nelle 24 ore. L’idrocefalo normoteso si definisce così perché, ad una misurazione isolata mediante puntura lombare, la pressione risulta normale. Tuttavia, nell’arco delle 24 ore la pressione incrementa con dei picchi, responsabili dello “sfiancamento” dei ventricoli del cervello.
Per “dinamica liquorale” si intende la capacità del sistema ventricolare cerebrale di reagire agli stimoli esterni. In un paziente normale, anche se viene iniettato liquido, la pressione intracranica risulta normale, perché i sistemi di riassorbimento non sono compromessi, mentre in un paziente con idrocefalo questa incrementa progressivamente.
Il monitoraggio della pressione intracranica si può effettuare sia con la misurazione della pressione delle 24 ore (si posiziona una derivazione spinale esterna – drenaggio – e si collega ad una macchina per la rilevazione della pressione), oppure mediante il cosiddetto test di infusione: si infonde del liquido attraverso un catetere collegato ad un sistema di rilevazione della pressione e si valuta come reagisce la pressione. Se aumenta progressivamente, allora si fa diagnosi di alterazione del riassorbimento ventricolare, se non aumenta, allora il paziente non soffre di idrocefalo normoteso.
Trattamento e terapie
Ci sono diverse possibilità di trattamento dell’idrocefalo normoteso; il trattamento chirurgico risulta più efficace in molti casi, con miglioramenti significativi dei sintomi legati alla deambulazione e alla minzione. Tuttavia, il declino cognitivo è variabile e non sempre reversibile.
La derivazione ventricolo-peritoneale (shunt VP) è la procedura chirurgica più utilizzata per drenare il liquor in eccesso dai ventricoli verso la cavità peritoneale, ovvero lo spazio addominale rivestito da una sottile membrana sierosa, composta da tessuto connettivo e cellule epiteliali. Garantisce benefici soprattutto sulla deambulazione e sui disturbi urinari. Nei casi in cui non sia possibile procedere con questo trattamento, l’alternativa può essere la derivazione ventricolo-atriale (collegamento tra ventricolo e atrio destro utilizzando come ingresso le vene del collo, es. vena facciale o giugulare esterna) o ventricolo-pleurica (collegamento tra ventricolo e pleura).
La gestione conservativa, invece, nei pazienti non candidabili alla chirurgia, consiste in una terapia palliativa basata su fisioterapia e gestione sintomatica.
Senza trattamento, la malattia tende a progredire più velocemente peggiorando la qualità di vita della persona e dei familiari.
Questi trattamenti sono eseguiti presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.