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Ernia inguinale: le nuove frontiere della laparoscopia

A volte provoca fastidio e dolore, altre è addirittura asintomatica. Con il tempo però tende a peggiorare sia nelle dimensioni sia nei sintomi. Parliamo dell’ernia inguinale.

Tra le diverse cause, la presenza sin dalla nascita, il cedimento delle fasce muscolari, la predisposizione individuale oppure anche continui sforzi fisici. Ma come si può curare?

Ne parliamo con il dottor Marco Rovagnati, chirurgo generale di Humanitas Mater Domini, ospedale nel quale si eseguono interventi chirurgici di ernia inguinale con metodiche mini-invasive.

L’ernia inguinale è la forma più comune di ernia ed è causata dalla fuoriuscita di una piccola parte di intestino dalla sua sede naturale. Si presenta come un rigonfiamento, più o meno ampio, nella parte più interna dell’inguine. L’ernia si può curare e, soprattutto negli ultimi anni, si è assistito ad un’evoluzione sia delle tecniche chirurgiche sia dei materiali.  Attualmente gli approcci sono sempre più mininvasivi e le reti, sono sempre più performanti, leggere e biocompatibili con il corpo umano.

Tecnica chirurgica: cosa influisce sulla scelta?

Le ernie inguinali si possono trattare sia con tecniche tradizionali sia mininvasive. La scelta chirurgica deve essere sempre “tailored surgery”, ossia valutata non solo sulle dimensioni e le caratteristiche dell’ernia, ma considerando la storia clinica del paziente, i rischi anestesiologici e, non da ultime, anche le paure e le fragilità della persona.

Tecniche mininvasive per la riparazione dell’ernia inguinale

La chirurgia mininvasiva permette di eseguire per via laparoscopica gli interventi che prima comportavano grosse incisioni a livello addominale. La tecnica più comune si chiama TAPP (Trans Abdominal Pre-Peritoneal) e consiste nel praticare sull’addome tre forellini attraverso i quali si inseriscono gli strumenti chirurgici e una telecamera. Dopo avere reintrodotto l’ernia nell’addome, si procede al posizionamento di una rete per rinforzare la parete muscolare

Quali sono i vantaggi rispetto alla tecnica tradizionale? Innanzitutto, le incisioni sono più piccole e questa non è una soluzione più estetica, ma offre migliori risultati anche come riduzione del dolore, più rapida ripresa post-operatoria e tenuta a distanza. A questi si aggiungono una visione magnificata dalle riprese sul monitor da telecamere ad alta risoluzione e il rispetto dei nervi che, invece, con la tecnica open possono essere più frequentemente recisi o intrappolati.

Esiste un’altra tecnica mininvasiva, chiamata TEP (Totally Extra Peritoneal) che si esegue completamente nello spessore della parete addominale: non si penetra nella cavità addominale risparmiando l’intestino e non si tagliano gli strati più superficiali dove possono decorrere i nervi e per di più si evita anche di incidere le fasce muscolari più profonde.

Tutti i pazienti possono essere candidati a questa tecnica?

Anche questa tecnica mini-invasiva ha dei limiti di esecuzione per problemi legati alla storia clinica del paziente o alle caratteristiche anatomiche dell’ernia. Le principali situazioni sono:

  • Interventi demolitivi dello spazio retroperitoneale, come per esempio la prostatectomia radicale, generano delle cicatrici che rendono inesplorabile la regione inguinale per via laparoscopica
  • Pazienti in cui, oltre all’ernia, presentano numerose altre patologie che rendono troppo rischioso procedere con un intervento mini-invasivo in anestesia generale
  • Ernie di grandi dimensioni che non permettono di avere campi visivi adeguati e quindi non c’è la possibilità di procedere all’intervento laparoscopico in sicurezza

Questi sono alcuni motivi per cui non è consigliata, o addirittura controindicata, la via laparoscopica con tecnica TEP e TAPP. Per questo motivo rimane necessario affidarsi a specialisti che possano garantire una chirurgia “tailored”, cioè “su misura”, per garantire la soluzione più corretta per superare al meglio le difficoltà di salute esistenti.  

Chirurgia Generale