L’osteoporosi è la più comune malattia dello scheletro. Si stima che colpisca circa 5 milioni di persone in Italia. Dopo i 50 anni, una donna su tre e un uomo su otto vanno incontro ad almeno una frattura da fragilità. A livello globale, una frattura da osteoporosi si verifica in media ogni tre secondi.*
Si tratta di una condizione cronica caratterizzata da una progressiva riduzione della densità minerale ossea e da un’ alterazione della micro-architettura dell’osso.
Questi cambiamenti rendono l’osso più fragile e aumentano il rischio di fratture, che possono avvenire anche in seguito a traumi lievi o di minima entità. Sebbene l’osteoporosi possa interessare tutte le ossa, il polso, le vertebre e il femore risultano le sedi più colpite.
Approfondiamo l’argomento con Flaminia Carrone, endocrinologa e diabetologa in Humanitas Mater Domini e negli Humanitas Medical Care.
L’osteoporosi è una malattia curabile?
L’osteoporosi è una malattia cronica. Non è possibile parlare di “guarigione” in senso assoluto, poiché la fragilità scheletrica non può essere completamente eliminata. Tuttavia, una diagnosi precoce, uno stile di vita adeguato e terapie farmacologiche mirate consentono non solo di rallentare la progressione della malattia, ma anche di favorire l’incremento della massa ossea, riducendo in modo significativo il rischio di fratture.
Quindi, pur non essendo definitivamente curabile, l’osteoporosi è una condizione che può essere efficacemente trattata e controllata nel tempo.
Quali sono le cause?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il tessuto osseo non è una struttura inerte e statica, ma un tessuto vivo e molto attivo dal punto di vista metabolico. È soggetto ad un costante rimodellamento nel quale si avvicendano di continuo formazione di “nuovo” osso da parte degli osteoblasti (cellule specializzate del tessuto osseo responsabili della rigenerazione ossea) e la distruzione di “vecchio” osso da parte degli osteoclasti (cellule specializzate nel riassorbimento del tessuto osseo).
In condizioni normali, i due processi sono in equilibrio e la massa ossea si mantiene stabile. Quando questo equilibrio si rompe per fattori ormonali, genetici, nutrizionali o legati all’età, la perdita ossea prevale sulla formazione e l’osso diventa più fragile, fino a diventare osteoporotico.
Quali sono i sintomi principali?
L’osteoporosi è una malattia subdola in quanto si sviluppa in modo silenzioso, senza dare segno di sé anche per molti anni, fino a quando non sopraggiunge una frattura da fragilità, cioè provocata da un trauma minimo o assente (per esempio una caduta domestica).
È importante ricordare che la presenza di dolore diffuso non è una manifestazione tipica di osteoporosi. Nelle prime fasi della malattia, in cui si verifica una progressiva perdita di massa ossea, tipicamente il paziente non presenta alcun sintomo né segnale d’allarme. Ecco perchè ci si accorge dell’osteoporosi solamente in fasi avanzate di malattia, a seguito di una frattura.
Con il tempo possono manifestarsi segni indiretti, come postura incurvata o riduzione della statura, conseguenze di fratture vertebrali. Per questo è fondamentale valutare precocemente, con l’aiuto di uno specialista endocrinologo, il proprio rischio di osteoporosi e attuare programmi di prevenzione personalizzati.
Quali sono le fratture più comuni e quanto è importante la prevenzione?
Le fratture da fragilità rappresentano la principale complicanza dell’osteoporosi e possono avere conseguenze molto gravi come: dolore cronico, disabilità, perdita di autonomia e aumento del rischio di mortalità. Le fratture legate all’osteoporosi più comuni sono quelle:
- Vertebrali: possono insorgere anche in assenza di traumi (ad es. piegandosi in avanti o sollevando un peso). Talvolta, sono clinicamente silenti, altre volte provocano dolore acuto e persistente. Se multiple, determinano incurvamento della colonna, riduzione della mobilità, perdita di centimetri in altezza e, nei casi gravi, difficoltà respiratorie.
- Femorali: tipiche degli anziani, sono le più temibili. Infatti, richiedono sempre un ricovero e spesso un intervento chirurgico. Solo la metà dei pazienti recupera piena autonomia dopo questo evento, che si associa ad un rischio di mortalità fino al 30% nell’anno successivo.**
La prevenzione delle cadute è fondamentale. Piccoli accorgimenti quotidiani (scarpe adeguate, evitare tappeti, usare tappetini antiscivolo, piegarsi sulle ginocchia invece che abbassare la schiena) possono ridurre in modo significativo il rischio di frattura.
È importante tenere presente che chi ha già subito una frattura osteoporotica ha un rischio quasi doppio di fratturarsi nuovamente. Per questo motivo, ogni paziente che va incontro a frattura da fragilità dopo i 50 anni dovrebbe sottoporsi a una valutazione per l’osteoporosi e, nella maggior parte dei casi, intraprendere un trattamento farmacologico associato a interventi di prevenzione secondaria.
Esistono dei fattori di rischio per l’osteoporosi?
Alcune persone hanno una maggiore probabilità di sviluppare osteoporosi perché presentano uno o più fattori predisponenti. Alcuni di essi non sono modificabili, mentre altri dipendono dallo stile di vita o da abitudini alimentari e si può pertanto intervenire per modificarli.
Altri ancora sono legati alla presenza di malattie concomitanti, come ad esempio patologie endocrine, reumatologiche o neurologiche, o all’impiego di determinati farmaci che possono causare una perdita di densità ossea come quelli cortisonici e antiepilettici. Conoscerli è importante per valutare il rischio personale e decidere, insieme al medico, se sia necessario sottoporsi a una densitometria ossea (MOC) e adottare misure preventive.
Fattori di rischio non modificabili
- Età: la massa ossea tende a ridursi progressivamente dopo i 50 anni.***
- Sesso: le donne hanno uno scheletro più leggero e sottile di quello maschile, più soggetto a osteoporosi. In più, con la menopausa, vanno incontro ad un brusco calo degli estrogeni che causa una perdita accelerata di densità ossea.
- Menopausa precoce (naturale, chirurgica o farmacologica).
- Familiarità: chi ha avuto genitori o parenti osteoporotici ha, a sua volta, un rischio significativamente più alto di sviluppare osteoporosi e fratture da fragilità per motivi genetici, costituzionali e ambientali.
- Etnia: la malattia è più frequente in popolazioni caucasiche e asiatiche rispetto a quelle africane e ispaniche.
Fattori di rischio modificabili
- Dieta povera di calcio e vitamina D: il calcio è un costituente fondamentale dell’osso. Una dieta povera di calcio ha conseguenze negative per le ossa a qualunque età. Quando si è giovani, un apporto inadeguato impedisce il raggiungimento del picco di massa ossea ottimale nella fase cruciale della crescita e dello sviluppo; da adulti, la carenza di calcio favorisce la progressiva demineralizzazione dell’osso.
- Scarso consumo di frutta e verdura: attraverso questi alimenti, l’organismo può introdurre nutrienti come il magnesio, il potassio e la vitamina K, che svolgono un ruolo importante per la salute scheletrica in aggiunta al calcio e alla vitamina D.
- Eccesso di proteine animali, sodio e caffeina: una dieta troppo ricca di proteine, sale e caffè può danneggiare l’osso favorendo la perdita di calcio attraverso le urine.
- Consumo eccessivo di alcol: può ridurre la formazione di nuovo osso e aumentare la probabilità di cadute e fratture.
- Fumo: il fumo ha un un effetto tossico diretto sugli osteoblasti (cellule deputate alla formazione di osso), può ostacolare l’assorbimento del calcio e anticipare l’età della menopausa.
- Vita sedentaria o immobilizzazione prolungata: l’inattività facilita la perdita di massa ossea.
L’osteoporosi si può prevenire?
Sebbene la perdita di massa ossea possa essere accelerata da diverse condizioni sulle quali non si può intervenire (come l’età o la familiarità), certamente ci sono diverse misure che si possono adottare per prevenire questa malattia.
Una dieta equilibrata ricca di calcio e vitamina D, un’adeguata esposizione alla luce solare, l’attività fisica regolare e l’astensione dal fumo e abuso di alcol rappresentano strategie fondamentali per preservare la salute delle ossa e limitare la perdita di massa ossea nel tempo.
È importante ricordare che nei soggetti ad elevato rischio di frattura, gli interventi sullo stile di vita, da soli, non sono sufficienti per una prevenzione efficace e vanno quindi affiancati a un’adeguata terapia farmacologica, prescritta da bone specialist (medici esperti nella gestione medica del paziente con malattie del metabolismo osseo come l’osteoporosi) e personalizzata caso per caso, in base alle specifiche caratteristiche ed esigenze del paziente.
Camminare rinforza le ossa?
Sì. Camminare è uno degli esercizi più semplici ed efficaci per mantenere le ossa forti. Ogni passo rappresenta infatti uno stimolo meccanico che “allena” lo scheletro, favorendo la formazione di nuovo tessuto osseo e contribuendo a rallentare la perdita di massa ossea legata all’età. A differenza di sport come il nuoto, che non contrastano la forza di gravità, la camminata regolare mette le ossa al lavoro, rinforza i muscoli e migliora l’equilibrio e la coordinazione, riducendo così anche il rischio di cadute e fratture. Bastano 30 minuti al giorno per ottenere benefici significativi sulla salute dello scheletro.
Come si diagnostica l’osteoporosi?
Dal momento che l’osteoporosi è una malattia per lo più asintomatica, è bene rivolgersi ad un medico – inizialmente anche al medico di base – per valutare insieme se sia opportuno sottoporsi ad esami di screening.
L’esame di riferimento per la diagnosi di osteoporosi è la densitometria ossea computerizzata (MOC), nota anche come DXA o DEXA, che permette di misurare esattamente la densità minerale ossea, cioè la quantità di minerali presenti nello scheletro in totale o in alcuni distretti scheletrici particolarmente soggetti alla perdita di massa ossea. Si tratta di un esame rapido, indolore e sicuro, che utilizza raggi X in dosi molto basse.
La MOC non va considerata un test di screening da eseguire su tutta la popolazione indiscriminatamente, ma va eseguita su indicazione medica nei soggetti a rischio. Serve sia per diagnosticare l’osteoporosi sia per monitorarne l’evoluzione nel tempo. Di norma, i controlli non vanno ripetuti prima di 18 mesi, salvo in caso di particolari condizioni cliniche.
Oltre alla MOC, anche dei comuni esami radiografici, spesso richiesti per altri motivi, possono permettere di sospettare la presenza di osteoporosi quando l’immagine dell’osso risulta meno bianca (e quindi meno densa), ma non sostituiscono la MOC per la diagnosi.
L’esame radiologico della colonna dorso-lombare, invece, è di fondamentale importanza in associazione alla MOC in quanto permette di effettuare un esame morfometrico della colonna, che consente di visualizzare eventuali fratture o cedimenti vertebrali e stimarne la gravità.
In sintesi, la diagnosi dell’osteoporosi si basa su un approccio combinato: valutazione clinica dei fattori di rischio, misurazione quantitativa della densità ossea attraverso la MOC e, se necessario, esami radiografici mirati per rilevare fratture.
Quali sono i trattamenti disponibili?
Esistono diversi farmaci approvati per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi.
Spetta al medico scegliere il più adatto alle esigenze di ogni singolo paziente, tenendo conto del sesso, dell’età, della gravità dell’osteoporosi, della presenza di ulteriori fattori di rischio e delle comorbidità del paziente.
I farmaci impiegati nella terapia dell’osteoporosi possono essere suddivisi in tre categorie:
- Agenti anti-riassorbitivi, che riducono il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti, rallentando o fermando la perdita di osso e preservando la densità ossea. Di questi fanno parte i bisfosfonati, il denosumab, la terapia ormonale sostitutiva (TOS) e i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM).
- Agenti anabolici, che stimolano la formazione di nuovo osso da parte degli osteoblasti, aumentando la densità minerale ossea. Di questi fanno parte teriparatide e abaloparatide.
- Agenti con doppio meccanismo, che combinano azione anti-riassorbitiva e anabolica. Attualmente l’unico appartenente a questa categoria è il romosozumab.
È importante sottolineare che, indipendentemente dal farmaco scelto, la terapia deve sempre essere accompagnata da un adeguato apporto di calcio e vitamina D, indispensabili per massimizzare l’efficacia della terapia. Allo stesso modo, è fondamentale mantenere uno stile di vita sano, che includa alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e l’eliminazione di abitudini dannose come il fumo e l’abuso di alcol.
Fonti:
*International Osteoporosis Foundation (IOF) / Report globali A fracture every 3 seconds worldwide.That’s osteoporosis! | International Osteoporosis Foundation; Epidemiology of osteoporosis and fragility fractures | International Osteoporosis Foundation ; Ministero della Salute – Osteoporosi
** Guzon-Illescas O et al. Mortality after osteoporotic hip fracture: incidence, trends, and associated factors. J Orthop Surg Res. 2019 Jul 4;14(1):203. doi: 10.1186/s13018-019-1226-6.
Downey C et. al. Changing trends in the mortality rate at 1-year post hip fracture – a systematic review. World J Orthop. 2019 Mar 18;10(3):166-175. doi: 10.5312/wjo.v10.i3.166.
Abrahamsen B et al. Excess mortality following hip fracture: a systematic epidemiological review. Osteoporos Int. 2009 Oct;20(10):1633-50. doi: 10.1007/s00198-009-0920-3. ***https://www.salute.gov.it/new/it/tema/stili-di-vita-guadagnare-salute/osteoporosi-0
