La risonanza magnetica al cuore (RMN cardiaca) è un esame diagnostico avanzato che permette di ottenere immagini dettagliate del cuore in modo mininvasivo. È uno strumento sempre più comune nella pratica clinica, specialmente per confermare un sospetto formulato in prima battuta con altri test.
Approfondiamo l’argomento con il dottor Enrico Pulvirenti, specialista in Radiologia e Imaging cardiovascolare presso Humanitas Research Hospital, Humanitas Mater Domini e negli Humanitas Medical Care.
Che cos’è la risonanza magnetica cardiaca?
La risonanza magnetica cardiaca è una tecnica di imaging che sfrutta campi magnetici e onde radio per generare immagini tridimensionali dell’anatomia del cuore, utili per studiare la sua funzionalità e le sue caratteristiche.
Non utilizza raggi X, a differenza della TAC, e consente di studiare il cuore in movimento, valutando in tempo reale la contrazione del miocardio (muscolo cardiaco), la portata cardiaca (quantità di sangue che il cuore pompa in un minuto) e l’integrità delle strutture circostanti. L’esame prevede la somministrazione del mezzo di contrasto paramagnetico per via endovenosa, che permette di evidenziare eventuali lesioni, aree fibrotiche (aree di tessuto cicatriziale anomalo) o alterazioni tissutali.
La risonanza magnetica cardiaca è un “esame di secondo livello”, ovvero indicato dal/lla cardiologo/a a completamento di altri test, come l’ecocardiogramma o l’elettrocardiogramma.
Quando è necessaria una risonanza magnetica al cuore?
La risonanza magnetica al cuore può essere prescritta:
- Nei casi di cardiopatia ischemica, sia nella fase acuta dell’infarto che nella sua evoluzione cronica, perché consente di distinguere le aree del miocardio ancora vitali da quelle danneggiate in modo irreversibile.
- Per eseguire la diagnosi di miocardite (infiammazione del muscolo cardiaco) e per approfondire il quadro delle cardiomiopatie di origine genetica o sconosciuta.
- Nella valutazione delle valvole cardiache, delle malattie del pericardio, delle masse intracardiache, delle cardiopatie congenite e delle alterazioni dei grossi vasi.
- Quando non è possibile sottoporsi a test da sforzo o nel caso in cui si presentino anomalie complesse non chiaramente interpretabili con altre metodiche.
- Per visualizzare direttamente la fibrosi del miocardio e differenziare con precisione un danno recente da uno pregresso.
Le circostanze appena elencate possono portare altri specialisti (reumatologo, oncologo o medico dello sport) a prescrivere una risonanza magnetica cardiaca: ad esempio, il medico dello sport in presenza di alterazioni all’ECG o il reumatologo in caso di patologie infiammatorie.
Come si svolge la risonanza magnetica al cuore?
Il paziente viene fatto sdraiare supino su un lettino che scorre all’interno del macchinario. Prima di iniziare vengono applicati degli elettrodi sul torace, necessari per sincronizzare le immagini con il battito cardiaco, e una fascia toracica che consente di monitorare il respiro.
Per ottenere immagini nitide, è spesso richiesto di trattenere il fiato per qualche secondo durante le acquisizioni. Il mezzo di contrasto viene iniettato tramite accesso venoso a metà dell’acquisizione ed è indispensabile per evidenziare tessuti cicatriziali, processi infiammatori e per lo studio dei vasi sanguigni.
L’esame non è doloroso né invasivo; può risultare fastidioso per chi soffre di claustrofobia a causa della struttura del macchinario.
Esistono delle controindicazioni all’esame?
La risonanza magnetica al cuore è un esame privo di rischi. Non è possibile eseguirlo in caso siano presenti pacemaker o defibrillatori elettrodi, neurostimolatori e altri dispositivi ad attivazione magnetica. È consigliato evitare l’esame anche alle donne nel primo trimestre di gravidanza.
È importante avvisare il medico in caso di protesi o parti metalliche nel corpo, oppure se di recente è stato fatto un tatuaggio.
