Arresto cardiaco e infarto miocardico sono due eventi cardiovascolari distinti, che vengono però spesso scambiati l’uno per l’altro, pur avendo cause, manifestazioni cliniche e conseguenze talvolta differenti. Entrambi gli eventi sono accomunati però dalla necessità di intervento tempestivo.
Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Cecilia Fantoni ed il dottor Petriello Gennaro, cardiologi interventisti del Laboratorio di Emodinamica in Humanitas Mater Domini e negli Humanitas Medical Care.
Che cos’è l’arresto cardiaco?
L’arresto cardiaco è definito come l’improvvisa cessazione dell’attività meccanica cardiaca, con il conseguente venir meno della sua funzione di pompa che provoca l’interruzione dell’apporto di sangue – e quindi di ossigeno – agli organi vitali. Ciò comporta perdita di coscienza e l’arresto di tutte le funzioni vitali, inclusa la respirazione.
Il soccorso rianimatorio immediato può salvare la vita ed evitare il verificarsi di danni permanenti al cervello e agli altri organi vitali.
L’arresto cardiaco può avere diverse cause, sia cardiache che non. La causa più frequente nella popolazione generale è la cardiopatia ischemica, una condizione in cui il muscolo cardiaco riceve un apporto insufficiente di sangue ed ossigeno a causa, solitamente, del restringimento o dell’ostruzione delle arterie coronarie che può portare all’infarto miocardico.
Altre cause di arresto cardiaco, più frequenti nei giovani, sono:
- Aritmie maligne derivanti da condizioni genetiche predisponenti
- Insufficienza respiratoria, che comporta un severo deficit di ossigeno
- Miocardite (infezione del muscolo cardiaco)
- Scompenso cardiaco terminale (quando il cuore è molto “affaticato”)
Quali sono i principali sintomi dell’arresto cardiaco?
In caso di arresto cardiaco il paziente perde immediatamente coscienza, smette di respirare in autonomia e può perdere il controllo degli sfinteri (con possibile perdita di feci e urine). Prima dell’evento possono manifestarsi sintomi correlati alla causa sottostante, come ad esempio:
- Dolore toracico: se la causa dell’arresto è un infarto
- Palpitazioni: se la causa sottostante è una tachicardia
- Difficoltà respiratorie: se la causa è un’insufficienza respiratoria
Qual’è la differenza tra infarto e arresto cardiaco?
Approfondiamo con maggiore accuratezza la differenza tra i due eventi cardiovascolari.
- L’arresto cardiaco è causato nella maggior parte dei casi (70-80%) da una tachicardia maligna, ossia da una aritmia ventricolare rapida e disorganizzata, detta fibrillazione ventricolare. Nei restanti casi l’arresto cardiaco può essere dovuto ad una bradiaritmia, ossia ad un rallentamento estremo del ritmo cardiaco. In entrambi i casi viene a mancare l’azione meccanica di pompa che permette la circolazione del sangue ed il trasporto di ossigeno ad organi e tessuti.
- Si parla invece di infarto cardiaco – anche definito infarto miocardico – quando una parte del muscolo cardiaco va incontro a necrosi (morte cellulare) per un’ostruzione di una delle arterie (coronarie) deputate alla sua irrorazione. A differenza dell’arresto cardiaco la persona è generalmente cosciente ed il sintomo più comune è sicuramente il dolore toracico di tipo oppressivo (ovvero avvertito come un peso sul petto da parte del paziente), spesso irradiato al collo, alla mandibola ed al braccio sinistro. Non tutti i pazienti riferiscono gli stessi sintomi o li avvertono con la stessa intensità; in rari casi l’infarto può essere asintomatico ed in altri casi ancora il primo segnale è rappresentato da un arresto cardiaco con improvvisa perdita di coscienza.
L’arresto cardiaco e l’infarto miocardico possono essere pertanto uno la manifestazione clinica o la causa dell’altro ma va precisato che non tutti gli arresti cardiaci sono causati da infarto miocardico così come non tutti gli infarti sono complicati da arresto cardiaco.
Se consideriamo la popolazione generale in Italia, circa l’80% degli arresti cardiaci sono causati da infarto miocardico, mentre solo il 3-5% degli infarti si complicano con arresto cardiaco.
L’arresto cardiaco può verificarsi nei giovani?
Epidemiologicamente, sopra i 40 anni di età l’arresto cardiaco è nella maggior parte dei casi (in più dell’80% dei casi), causato da un infarto miocardico, al di sotto dei 40 anni invece la causa è spesso un’aritmia maligna, determinata da cause congenite, evento che si verifica spesso tra gli sportivi.
L’incidenza della morte improvvisa tra gli atleti è simile a quella della popolazione generale, si verifica solitamente in individui giovani e apparentemente sani. Esistono diversi fattori predisponenti a tali aritmie che determinano spesso, ma purtroppo non sempre, alterazioni dell’elettrocardiogramma o dell’ecocardiogramma talvolta non facili da individuare.
Primo soccorso: cosa fare in caso di arresto cardiaco?
In caso di arresto cardiaco è di vitale importanza prestare il soccorso rianimatorio tempestivamente per fare ripartire il cuore ed evitare danni permanenti al cervello e organi vitali come reni e fegato o addirittura la morte del paziente.
1) Rianimazione cardiopolmonare
La rianimazione cardiopolmonare si basa su un protocollo che prevede:
- defibrillazione per fare cessare l’aritmia e fare riprendere la normale attività elettrica del cuore, se disponibile defibrillatore sul posto dell’arresto.
- sequenza di compressioni al torace da iniziare subito, anche in assenza di defibrillatore.
2) Elettrocardiogramma
In caso di risoluzione del quadro di arresto cardiaco, l’immediata esecuzione di un elettrocardiogramma risulta fondamentale per confermare/escludere un infarto miocardico.
3) Coronarografia ed angioplastica coronarica (solo in caso di infarto miocardico)
In caso di infarto miocardico come causa dell’arresto cardiaco, il paziente deve essere trasportato nel più breve tempo possibile presso un ospedale con sala di Emodinamica per eseguire una coronarografia urgente.
La coronarografia è un esame che si esegue in anestesia locale tramite l’introduzione di un piccolo catetere da un’arteria del polso o dell’inguine. Tale esame permette di visualizzare le coronarie identificando la sede dell’ostruzione, che deve essere immediatamente sottoposta a riapertura attraverso un intervento di angioplastica.
L’intervento consiste nel dilatare un palloncino nella coronaria occlusa per riaprire la stessa e permettere al flusso di sangue di riprendere il suo corso. Alla dilatazione del palloncino segue quasi sempre l’impianto di uno stent coronarico, una piccola rete metallica cilindrica che viene posizionata a livello dell’occlusione per mantenere aperta a lungo termine l’arteria coronaria malata.
Fonti:
Italian Resuscitation Council Dati 2024
